Turchia, i ricatti di Erdogan

La debolezza dell’Europa nei confronti del Presidente turco ha del fastidioso. Soprattutto per via dell’accordo sui migranti, pianificato anche in nostro nome dalla Cancelliera Merkel, che ci ha costretti ad avere le mani legate su molte questioni .

Qualche settimana fa è accaduto un fatto molto inquietante vicino al villaggio di Sirnak. Situato in una parte della Turchia che si incunea tra la frontiera irachena ad Est e quella siriana ad Ovest,  Sirnak si trova in una regione rivendicata dagli autonomisti Curdi. In piena notte, gli abitanti di un campo di rifugiati hanno visto arrivare dei camion militari, dei quali alcuni adibiti al trasporto di bulldozer. In pochi minuti sono state scavate sette fosse, nelle quali sono stati riversati un numero non ben precisato di corpi. Con la stessa velocità alla quale sono state scavate, le fosse sono state ricoperte. Solo qualche grosso masso anonimo per identificare la loro localizzazione. Quanti ce ne erano? La notizia è stata riportata da alcuni rifugiati a un giornalista del Times , che non hanno saputo essere più precisi perché in qual momento la loro maggiore preoccupazione era non essere visti da chi svolgeva questa macabra operazione. Sicuro è che hanno potuto scorgere  i corpi inermi di bambini.

Da quando il cessate il fuoco con il PKK, Movimento Autonomista Curdo, è stato interrotto due anni fa, gli uomini di Erdogan colpiscono alla cieca poveri civili definiti in modo molto approssimativo “terroristi”. Cosa parzialmente vera, perché non nascondiamolo, il PKK continua a commettere attentati contro i turchi, anche nel cuore del potere, nelle grandi città come Ankara e Istanbul. Il problema sta nel fatto che il Presidente turco ha restituito all’esercito i pieni poteri per combattere gli autonomisti e questo ne fa uso e abuso con la piena approvazione del potere. Gli arresti arbitrari e le epurazioni si moltiplicano in nome della lotta al terrorismo. Né l’opinione pubblica, che teme il potere, né la stampa, sempre più paralizzata, protestano con convinzione. Ma la cosa peggiore è l’imbarazzante silenzio, e conseguente complicità, dell’Europa. Con il pretesto che Erdogan giustifica le sue azioni in nome della lotta al terrorismo, i dirigenti europei lo lasciano praticamente fare, dimenticandosi che quelli che il Presidente turco fa uccidere sono i fratelli dei Peshmerga che, in Siria o in Iraq, sono il fulcro della lotta contro Daesh al fianco della coalizione occidentale. La loro combattività non è di poco conto nei rovesci militari subiti dagli jihadisti sul terreno.

La verità sta nel fatto che l’UE ha paura dei ricatti del Presidente turco. I tanti segnali si trovano negli ultimi “incidenti” avvenuti tra UE e Turchia come per esempio la non reazione alle dimissioni forzate dell’Ambasciatore dell’Unione Europea ad Ankara, fatto allontanare perché aveva criticato il modo in cui Erdogan si prendeva gioco dei Diritti Umani. Anche l’accettazione dei tedeschi di mettere sotto processo il comico che aveva osato imitare sarcasticamente il Presidente turco rende un senso di debolezza. Così come la blanda reazione di protesta di Angela Merkel contro gli anatemi lanciati da Erdogan nei confronti dei deputati di origine turca del Bundestag che avevano approvato un testo sulla condanna del genocidio armeno e  permettere che il procedimento di accesso della Turchia all’Europa vada avanti, quando il potere turco continua ad arrestare i giornalisti. Il solo motivo per il quale gli europei fanno finta di niente, soprattutto per la guerra “nascosta” del Presidente turco contro i Curdi, è il famoso accordo negoziato dalla Merkel e da Erdogan sui migranti. Accordo che ha suscitato, tra l’altro, mille polemiche anche in Europa.

Il suo obiettivo è quello di rallentare e canalizzare la marea di migranti che parte dalle coste turche e si riversa sulle rive europee. Erdogan fa buon gioco del poco polso dei dirigenti europei per ottenere il premio che ha preteso: il diritto per i suoi concittadini di viaggiare senza visto nell’area Schenghen. Un gesto decisivo per poter invocare nei confronti della popolazione turca la caduta di ogni resistenza all’accesso del suo Paese all’Europa. La Turchia avrebbe già ottemperato a 65 su 71 condizioni poste dalla Merkel per la libera circolazione dei turchi in Europa. Un po’ di inquietudine c’è per questa sorta di ricatto da parte del presidente Turco. Tutti sanno ormai, perché sono i fatti a dirlo, che Erdogan non è un interlocutore facile, né la Turchia un esempio di Democrazia. Cedere, per ottenere  vantaggi illusori ed effimeri è proprio la strada giusta? Il gioco vale la candela? La Turchia conosce la sua forza e il suo Presidente è un fine stratega. Da parte sua l’Europa, in nome della Realpolitik, sembra orientata su scelte basate più su questioni pratiche che su principi universali e etici. La Storia ci insegna però che cedere al canto delle sirene non ha portato mai molta fortuna. L’Europa sta vivendo la sua fase più critica, è vero, ma questo non deve giustificare scelte affrettate e rapporti poco sinceri.

©Futuro Europa®

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