Partite IVA sotto assedio?

Mai come oggi si parla in Italia di lavoro autonomo e indipendente. C’è chi lo valorizza come la punta più avanzata dell’innovazione, chi ne denuncia la criticità, legata ai bassi redditi e al peso insostenibile di fisco e previdenza nell’assenza di diritti sociali. In generale, se ne parla. Al lavoro autonomo è riconosciuta una centralità, visto anche che interessa precari e professionisti giovani, che vedono nella partita Iva uno strumento ambivalente di auto-impiego e anche sfruttamento. I rappresentanti del settore ne denunciano il progressivo impoverimento: il fondatore e speaker del movimento “Sos Partite Iva”, Andrea Bernaudo, citando i dati di un recente studio della CGIA (Associazione Artigiani Piccole Imprese) di Mestre ha denunciato che un quarto di coloro che hanno una partita Iva, si trova oggi al di sotto della soglia di povertà (fissata sui 9.500 euro all’anno) e che tale percentuale è superiore a quella che riguarda i lavoratori dipendenti (poveri nel 14,6% dei casi) o dei pensionati. La situazione sta per giunta peggiorando sempre più, poiché nel periodo 2010-2014 il numero delle partite Iva in difficoltà è cresciuto del 5,1%.

E gli autonomi “poveri”, sottolinea, non sono in grado di reggere il peso della previdenza. E’ stato il 2015 l’annus horribilis della categoria, sulla quale si è abbattuta una doppia stangata tra nuovo regime dei minimi e contributi all’Inps, che per molti osservatori rappresenta una vera e propria mannaia su molti professionisti, soprattutto sui giovani. Con la legge di Stabilità è finito il regime che garantiva alle partite Iva fino ai 35 anni un’aliquota fiscale agevolata al 5%, portata al 15% senza limiti d’età. Per di più sono scese notevolmente le soglie (tra 15 e 40mila euro a seconda delle professioni) per accedere al regime. Sul fronte previdenziale, invece, è iniziato il percorso d’ascesa che nel 2018 dovrebbe portare l’aliquota dei contributi dal 27 al 33%. Ma la rivolta di professionisti, autonomi e freelance (circa otto milioni di persone, che hanno minacciato di quantificare il salasso, inserendolo nelle parcelle sotto la voce “Aggravio imposte Renzi”  ha costretto il premier a fare macchine indietro dopo pochi giorni dall’annuncio del provvedimento.

“E’ il mio autogol più grande”, ha ammesso il premier promettendo modifiche immediate. L’Acta, l’associazione dei freelance, ha sottolineato la possibilità di una fuga di massa dalla gestione separata Inps, verso le casse previdenziali di artigiani e commercianti, che richiedono aliquote più basse. Per questo, Con la legge di stabilità 2016 (art. 1 commi 111-113) all’esame in Senato, il Governo cerca di fare pace con la categoria, introducendo diverse modifiche al regime forfettario, tra le quali: a) l’innalzamento della soglia di compensi di 15.000 euro per i professionisti e della soglia di ricavi di 10.000 euro per i restanti contribuenti; b) l’eliminazione del vincolo di ingresso al nuovo regime per i lavoratori dipendenti e pensionati con reddito di specie non superiore a 30.000 euro annui; c) la riduzione dell’aliquota, nel caso di nuove attività, al 5% per cinque anni (in luogo del 15%); d) la reintroduzione del minimale contributivo con riduzione delle aliquote al 35%. Basterà? Il Ddl, al momento, riconosce diritti nel campo della malattia e della maternità alle partite Iva della gestione separata  non prende in considerazione l’equo compenso. Misura non certo facile da istituire nel lavoro autonomo, ma che rappresenta un’esigenza per molte professioni, a cominciare dai giornalisti.

Rigida resta la distinzione tra le tutele nel mercato e quelle nella società. Le partite Iva continuano ad essere intese come “imprenditori di se stessi”, sebbene l’articolo 1 del Ddl le riconosca come “lavoratori”.

©Futuro Europa®

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