Cronache dai Palazzi

Clima da campagna elettorale o meglio da pre-campagna elettorale, in vista delle Regionali di maggio. In testa il leader del Caroccio impegnato in piazza a manifestare contro il governo. Salvini annuncia inoltre che incontrerà il presidente Mattarella e, prendendo spunto dalla riforma del servizio pubblico radiotelevisivo, si lamenterà di Renzi e del suo “partito unico”, oltre a spiegare al capo dello Stato i contenuti della modifica della legge Fornero che la Lega presenterà in Parlamento.

Il Capo dello Stato ha appena ricevuto invece i pentastellati Grillo e Casaleggio, accompagnati dalla più giovane del Movimento, una diciottenne siciliana. Nel documento presentato a Sergio Mattarella i Cinquestelle hanno ribadito dei paletti ben precisi, prima di tutto “la salvaguardia formale e sostanziale della nostra Carta costituzionale”. Ciò vuol dire l’esigenza di “porre un freno alla decretazione d’urgenza, ai maxi emendamenti e alle fiducie parlamentari”. Nel loro dossier i 5 Stelle chiedono inoltre di “valutare la promulgazione” dell’Italicum, la nuova legge elettorale, “dal momento che disciplina l’elezione soltanto di una Camera, a costituzione vigente”. Ed inoltre, lotta alla corruzione e alla mafia, stop ai vitalizi per i parlamentari condannati, reddito di cittadinanza, sostegno all’autonomia e all’indipendenza dei magistrati. Per il Movimento andrebbe poi potenziato il potere di rinvio delle leggi riconosciuto al presidente della Repubblica dall’articolo 74 della Costituzione, “che costituisce una funzione di controllo preventivo, posto a garanzia della complessiva coerenza del sistema costituzionale”.

Sulla questione Rai, i pentastellati ribadiscono infine la necessità di “un’accelerazione della riforma dell’informazione volta a evitare sprechi e duplicazioni e a promuovere sinergie tra le testate”, favorendo nel contempo “un aumento della qualità e della diversificazione dell’offerta” oltre a “una razionalizzazione delle risorse della Rai, per assicurare un rafforzamento dei principi di oggettività, evitando ingerenze dei partiti”. Sulla scia del dossier 5 Stelle, Renzi definisce “molto interessante l’apertura di Grillo sulla Rai” non dimenticando “che lui dalla Rai fu cacciato” e sottolineando: “Se c’è un argomento su cui ascolterei volentieri Grillo è proprio questo”.

Tornando alle questioni preelettorali Salvini chiude invece a Berlusconi. “Ad oggi non c’è un accordo sul piano politico nazionale – sottolinea Salvini durante il suo tour in Toscana – perché a Bruxelles sediamo su banchi diversi, lui difende l’euro, che noi riteniamo una moneta sbagliata, lui è insieme alla Merkel, noi alla Le Pen”. In sostanza “Abbiamo una visione di Italia e di Europa completamente diversa”, afferma Salvini. Così mentre fervono le trattative sulle alleanze per le prossime Regionali, tra Forza Italia e la Lega è in corso un vero e proprio braccio di ferro. Il Carroccio invita i forzisti a scegliere tra Lega e Ncd come alleati, prima di tutto in Veneto (ma anche in Lombardia e poi in Campania), e l’aut l’aut provoca tensioni in casa azzurra. Berlusconi è comunque convinto che Roberto Maroni o Luca Zaia, che in Veneto rischia in prima persona, alla fine manifestino il loro disappunto contro i veti di Salvini che rifiuta categoricamente l’alleanza con Alfano e, di conseguenza, il tandem FI-Ncd. Matteo Salvini si pronuncia anche sul caso Rai Way: “Non vorremmo che ci fosse un accordo Renzi-Berlusconi nel nome del quieto vivere per tutti. Noi ci metteremo in mezzo in ogni modo”.

“Basta veti o rischiamo il disastro”, ammonisce l’ex Cavaliere. Il disastro del Centrodestra, si intende. “Perché l’unico modo che abbiamo per battere il Pd renziano già alle Regionali è quello di presentarci tutti insieme”, ribadisce Berlusconi che vorrebbe coagulare nel suo bacino sia la Lega sia il partito di Alfano, altrimenti “si perde”.

Nel Pd, invece, tornano le correnti e imperversa lo scontro tra il segretario Matteo Renzi e l’ex segretario Pier Luigi Bersani che attacca Jobs Act, riforma costituzionale e Italicum. Il Jobs Act, secondo Bersani, “mette il lavoratore in un rapporto di forze pre-anni Settanta” e quindi si pone “fuori dall’ordinamento costituzionale”, mentre “il combinato disposto” tra Italicum e riforma costituzionale “rompe l’equilibrio democratico. Se la riforma della Costituzione va avanti così io non accetterò mai di votare la legge elettorale”, ammonisce Bersani denunciando, inoltre, “una politica della sola comunicazione” che rischia di far esplodere “le periferie”. Emergono “partiti liquidi” e “il partito è più uno spazio politico che un soggetto politico”. In sostanza “le esigenze della comunicazione” rischiano di trasformare tutti, compresi i politici, nei “figuranti di un film”, ammonisce Bersani.

L’ex segretario contesta le maniere del premier-segretario. “Siamo al limite”, afferma Bersani. “Il premier si è rivolto direttamente ai parlamentari”, continua il padre della ‘ditta’, ma in verità dovrebbe succedere che “i gruppi li convocano i capigruppo, stabiliscono l’ordine del giorno e invitano il segretario”. Bersani sottolinea che “non  c’entra il Pd, non c’entrano i bersaniani o i renziani, c’entra il tema di come concepiamo la democrazia e il rapporto tra governo e Parlamento”. Ma nella lettera rivolta ai parlamentari dem Renzi incalza. Mentre “altri si dividono, altri fanno ostruzionismo, altri scendono in piazza con piattaforme ispirate alla destra xenofoba e populista europea, noi siamo quelli che devono riportare l’Italia a crescere, una grande responsabilità”. Parole chiare che lasciano intravedere il “partito unico” di cui parla Salvini. Ma il bello è racchiuso tutto nel finale della lettera, in cui Renzi afferma: “Abbiamo spento la prima candelina, ma mancano ancora tre anni”. Il premier è quindi sempre più sicuro di arrivare al traguardo del 2018.

Renzi boccia i “caminetti ristretti vecchia maniera” e, premettendo che “nessuno ha la verità in tasca”, si dichiara “stupito” di chi nella minoranza Pd “gioca la carta della polemica interna”, disertando le riunioni e rinunciando ad un “confronto aperto e inclusivo”, come lo definisce il premier. A rendere il clima ancora più incandescente in casa dem è l’inaugurazione di “Spazio democratico”, la “non corrente” dei renziani che non appartengono al cosiddetto “giglio magico”. La minoranza interna si è sentita attaccata forse perché “stanno capendo che ci stiamo muovendo per portargli via un po’ di gente in vista di una migliore articolazione della vita del gruppo parlamentare della Camera”, dichiara un esponente di “Spazio democratico”.

A proposito di obiettivi raggiunti, la responsabilità civile dei magistrati è legge. La Camera ha approvato in via definitiva dichiarando decaduta la legge Vassalli, che nel lontano 1987 neutralizzò la volontà popolare che attraverso un referendum abrogativo chiamava i giudici a rispondere degli errori commessi per dolo o colpa grave. Sullo sfondo un nuovo “equilibrio”, assicura il Guardasigilli Andrea Orlando.

©Futuro Europa®

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